Vorrei insegnarle almeno un po’ di quel tanto che non è
completamente e profondamente mio, per farle capire che alzare la voce non
significa avere ragione, ma farsi rispettare vorrà dire amare se stessa,
difendere le sue idee e chi la ama.
Vorrei insegnarle la diffidenza verso chi predica dietro a un dio,
quella che basta a mettere il dubbio ovunque, minando sempre e comunque la
verità ma non risparmiandosi negli affetti anzi, amando con tutta se stessa.
Vorrei trasmetterle la ferma convinzione e la perenne certezza di essere
nel giusto facendo ogni cosa, dalla più piccola e banale a quella più grande e
difficile, nel migliore dei modi: dedicare tutto l’impegno sia all’impresa più
facile che al progetto impossibile, perché questo, tale non sarà mai;
cercheranno sempre ed in ogni modo di farglielo credere, di volta in volta
inventandole catastrofiche conseguenze ed immani sventure, coniandole a tal
fine paroloni impossibili, mettendola al cospetto di ciclopici mostri e draghi
feroci, dinanzi a montagne invalicabili e baratri insuperabili, non senza aver affrontato
complicati ed interminabili calcoli.
Saranno invece paure immotivate che svaniranno con la conoscenza,
smascherando i problemi nella loro fin troppo stupida e disarmante semplicità.
Dall’alto di questa acquisita consapevolezza, quelli che erano orribili mostri
sveleranno un’improvvisa ed inattesa mansuetudine; i saccenti ed indisponenti
portatori di verità assolute e inconfutabili, possessori di capacità
ineguagliabili, depositari di formule e segreti inconfessabili, risulteranno
nient’altro che ridicoli pupazzi privi di anima e fantasia, scatole inanimate e
vuote, burattini stupidi pieni di sé.
Gli stessi che cercavano di abbindolarla e soggiogarla
terrorizzandola e insinuandole i dubbi e i sensi di colpa. Vorrei darle la costante fiducia in se stessa, non facendosi mai spaventare,
perché esisterà sempre un ostacolo da dover o poter superare: quel piccolo
passo o traguardo in più rispetto ad un altro non dovrà essere frutto
d’ingordigia od opportunismo, casomai il risultato del confronto cui il suo cervello
si sarà sottoposto con altri possibilmente più preparati.
Non col desiderio di sopraffazione ma con la cosciente ambizione di
meritare l’arrivo per prima alla meta, o di poter riuscire dove un altro ha già
vinto. Non dunque una folle e cieca corsa ma un calmo e ragionato percorso
noncurante di velocità, metodi e propositi altrui.
Non con l’ottusa ostinazione di dover emergere e spiccare a tutti i
costi, ma con la ferma consapevolezza di poter raggiungere un qualsiasi umano
traguardo, mai per fregiarsi delle sue vittorie o vantarsi delle sue conquiste.
Le sue doti e le sue qualità, quali che saranno, diranno per lei: chi parla
troppo vuole confondere gli altri e mente sopratutto a se stesso: il suo
silenzio sarà una risposta opportuna e adeguata.
Breve pillola dall'opera di Renato Demurtas "dal Baule del
Viaggiatore," Sa Babbaiola Edizioni.
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